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Il broadcast all'IBC di Amsterdam

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Qualcosa si sta muovendo

Dall’IBC di Amsterdam arrivano i primi timidi segnali di ripresa: televisione digitale, gestione degli archivi e cinematografia elettronica sono i settori più in fermento

L’appuntamento di quest’anno all’IBC rappresentava un vero e proprio banco di prova per avere il polso del mercato e, almeno a giudicare dal numero di partecipanti che ha raggiunto le 40.000 unità, tutto sommato si può dire che qualche segnale positivo si è avuto. Paragoni con i dati di affluenza alla passata edizione non hanno molto senso: la vicinanza temporale con i fatti dell’11 settembre era stata la principale cause del forte calo di presenze registrato nel 2001, anche se aveva influito non poco l’inizio della crisi delle cosiddette dot com. Rispetto all’edizione del 2000 i dati sono però contrastanti. Il numero complessivo di partecipanti è calato di 5.000 unità, ma si tratta quasi esclusivamente di personale degli espositori. Il numero di visitatori è, infatti, rimasto sostanzialmente invariato nell’intorno delle 27.000 unità.
Quel che emerge da questi dati è quindi un contenimento delle spese da parte delle aziende che hanno partecipato all’IBC, il cui numero complessivo è praticamente invariato, 930 contro le 925 del 2000. Che di soldi da spendere per la partecipazione alle mostre che ne siano pochi lo conferma anche il fatto che lo spazio espositivo si è contratto sensibilmente, quasi il 20 % in meno rispetto all’edizione del 2000. Nonostante tutto, sembra quindi che la maggior parte delle aziende creda ancora nell’IBC, considerandolo uno di quegli appuntamenti a cui non si può fare a meno di essere presenti.
Come si era già potuto constatare in occasione dell’ultimo NAB, oltre a tagliare le spese per il marketing sono stati ridotti anche gli investimenti in ricerca e sviluppo e quindi erano ben poche le vere novità in mostra ad Amsterdam, almeno se ci si limita ai settori più tradizionali. La relativa mancanza di prodotti di nuova concezione è stata compensata da una maggiore attenzione verso problematiche quali l’archiviazione e la gestione dei contenuti nel loro complesso, problematiche che non riguardano più solamente i maggiori broadcaster.

Voglia di standard

Dopo tanto discutere, cominciano ad emergere alcuni punti fissi, il più importante dei quali è forse il formato MXF per l’interscambio di materiale in formato digitale. Secondo Nick Wells, chairman del Pro-MPEG Forum, il formato MXF è destinato a diventare il 601 del futuro. A giudicare dal numero di aziende che hanno finora dichiarato la volontà di integrare il supporto per il formato MXF nei loro prodotti, sembra proprio che l’MXF possa diffondersi abbastanza in fretta e possa aiutare a risolvere la maggior parte dei problemi di gestione dei contenuti.
Sostanzialmente, il formato MXF non è altro che un contenitore in cui possono trovare posto sia la cosiddetta essenza (audio e video digitali non compressi o compressi in qualsiasi formato, non solo DV e MPEG), sia i metadati, cioè dati di qualsiasi natura che possono permettere una facile identificazione dei contenuti, a cominciare dall’UMID (Unique Material IDentifier), un codice alfanumerico che può essere associato al materiale già al momento della ripresa. Se si esclude però l’accordo quasi unanime sull’impiego dell’UMID, per il resto dei metadati la situazione è ancora fluida e se non si arriva in breve tempo alla definizione di un formato standard per tutti i dati da associare ai contenuti nel loro complesso, le potenzialità dell’MXF rischiano di non poter essere sfruttate fino in fondo.
Uno dei più tenaci sostenitori del formato MXF è Sony che all’IBC ha presentato l’e-VTR, il primo videoregistratore capace di trasferire file MXF ad altre apparecchiature connesse ad una rete Gigabit Ethernet. Il video è registrato in formato MPEG IMX e le cassette sono dotate di una speciale etichetta con tecnologia Telefile che consente la registrazione del timecode di inizio e fine di ogni scena, in modo da facilitarne poi la ricerca. Il videoregistratore è in grado di riprodurre anche cassette registrate delle diverse varietà del Betacam (normale, SP o SX) e anche in questi casi può generare un file MXF contenente video compresso in formato IMX. Avid, Leitch, Matrox e SGI hanno già presentato sistemi che supportano lo standard MXF e in grado di collegarsi direttamente a un e-VTR, mentre Dayang, Pinnacle, Quantel e Seachange hanno dichiarato l’intenzione di supportarlo in un futuro più o meno immediato.
L’altro standard emergente è l’AAF (Advanced Authoring Format), destinato a mandare finalmente in pensione le classiche EDL, troppo limitate per poter soddisfare le attuali esigenze di post-produzione. Con questo formato si può trasferire un montaggio con compositing su più livelli da una postazione ad un’altra, per ulteriori modifiche o per la finalizzazione, rendendo così possibile l’impiego di sistemi di diversi produttori senza troppi problemi. Per facilitare lo scambio, è comunque importante che i diversi contenuti siano interpretabili da sistemi di elaborazione differenti, ed è qui che entra in gioco il formato MXF. Le due associazioni, Pro-MPEG Forum e AAF Association, hanno lavorato in stretto contatto per garantire una perfetta interoperabilità fra i due formati e qualche risultato concreto si è già potuto vedere nello stand dell’IBC del Pro-MPEG Forum e presso quelli di un buon numero di altri espositori.

Interazione televisiva

Su tutt’altro fronte, vale a dire quello della distribuzione dei contenuti, lo standard mhp (multimedia home platform), si sta conquistando i consensi di un sempre maggior numero di operatori. Lo standard proposto dal DVB ha ottenuto il riconoscimento da parte dell’European Telecommunication Standards Institute (ETSI), il quale ha già reso disponibile un Cd-Rom con una serie di test destinati a verificare la conformità allo standard mhp delle diverse apparecchiature, allo scopo di semplificarne lo sviluppo. Praticamente, tutti i maggiori produttori di set top box hanno già approntato modelli conformi allo standard mhp e, dopo Philips, anche Panasonic e Sony hanno dichiarato di voler inserire il supporto per l’mhp nei televisori di fascia più alta. Quello che forse manca ancora sono applicazioni che riescano a sfruttarne appieno le potenzialità, che vadano ben oltre la gestione della guida ai programmi. Anche su questo fronte però ci sta dando da fare: Alticast, per esempio, ha presentato un ambiente di sviluppo per applicazioni mhp basato su un’interfaccia grafica, simile agli strumenti di authoring per Internet di uso corrente, che elimina la necessità di scrivere codice e velocizza così la fase di creazione delle applicazioni.
Sul futuro della televisione interattiva c’è però anche chi solleva qualche dubbio. Secondo Philip Langsdale, ex ceo della BBC Technology, ben difficilmente sarà qualcosa di più di un teletext evoluto, a meno che broadcaster e governi si decidano a dargli le giuste priorità. Il vero passo in avanti potrà avvenire dalla convergenza fra set top box e personal computer, dalla disponibilità di reti a larga banda e dallo sviluppo delle tecnologie mobile; “cosa che però difficilmente accadrà prima di cinque anni. Nel frattempo, i broadcaster dovrebbero concentrarsi su applicazioni di nicchia per cavo e satellite e stringere accordi con i grandi service provider”. Sempre Langsdale sostiene che “i broadcaster devono decidersi se prendere sul serio la televisione interattiva e, se decidono di farlo, dedicargli soldi e frequenze. La mancanza di un chiaro modello di business e lo scarso entusiasmo finora manifestato dai pubblicitari rendono difficile giustificare una scelta del genere e affrontare i rischi connessi. La situazione è diversa per i broadcaster pubblici, BBC per esempio è in grado di dedicargli significanti risorse”. Dai governi, Langsdale vorrebbe poi una maggior collaborazione nell’accettazione di uno standard comune: “Senza uno standard valido, i produttori non sono certo incoraggiati a investire nello sviluppo di apparecchiature consumer a basso costo”.

Una voce fuori dal coro

Con la stragrande maggioranza delle aziende del settore impegnate a collaborare per la definizione di standard che possano essere accettati da tutti, c’è però anche chi si ostina a voler proporre (imporre?) una propria via. Dopo aver praticamente monopolizzato il settore dei personal computer, Microsoft sembra avere tutta l’intenzione di voler occupare un ruolo analogo anche nella distribuzione dei contenuti e ha scelto l’IBC per il lancio europeo di Windows Media 9, precedentemente noto come Corona. Oltre ad essere presente come espositore, Microsoft ha anche organizzato un seminario tecnico che ha attratto l’interesse di un discreto numero di operatori presenti ad Amsterdam. Windows Media 9 utilizza metodi di compressione proprietari per video e audio: non c’è traccia di MPEG-4, pure presente nelle precedenti versioni e supportato dagli altri due principali concorrenti nel settore dello streaming, Apple e Real.
Rispetto ai tentativi fatti in passato; Microsoft si sta muovendo con maggior accortezza e prima di presentarsi a una platea che si è sempre mostrata poco bendisposta verso quello che viene dal mondo dei PC, qual è il mondo del broadcast, si è premurata di costruire solide alleanze con aziende ben note agli operatori del settore. Una di queste è Tandberg Television che ha presentato all’IBC un encoder hardware in real time per Windows Media 9, utilizzabile sia per applicazioni Video on demand con protocollo IP, sia per la trasmissione con apparecchiature in standard DVB. Stando ai test condotti da Tandberg Television, la qualità con bit rate bassi e medi è significativamente migliore di quella offerta dalla compressione MPEG-2 e MPEG-4, cosa che dovrebbe permettere la distribuzione di video con qualità broadcast su reti come l’ADSL, mentre con bit rate più elevati, da 5 a 12 Mbps, la qualità è sufficiente anche per la distribuzione di contributi. Il coinvolgimento dei più importanti fabbricanti di chip per set top box dovrebbe poi consentire di realizzare apparecchiature capaci di decodificare sia materiale in formato Windows Media 9, sia in formati come l’MPEG-4. Pace Micro Technology ha già presentato la set top box IP400, destinata a operatori delle telecomunicazioni e service provider, che offre la possibilità di aggiornamento software per il supporto di nuovi codec che potrebbero essere disponibili in futuro.

I bit non sono tutti uguali

Secondo Will Poole, vice presidente della divisione Windows New Media Platforms di Microsoft, “con MPEG-2 o anche MPEG-4 è molto difficile ottenere quella combinazione di qualità e bit-rate adeguata alle attuali strutture distributive. L’ultimo miglio è ancora un ostacolo negli Usa, meno in Europa. Microsoft punta su quella che chiama QOB, Quality of Bit, il miglioramento dei codec fino al punto di arrivare ad offrire una qualità VHS con normali linee DSL è una qualità quasi-Dvd con linee a banda larga, per arrivare al video ad alta definizione da satellite o per le trasmissioni in standard DVB”. Se Microsoft riuscirà ad imporre il proprio standard, parte del “merito” ricadrà certamente sul consorzio che sta maldestramente gestendo i brevetti in qualche modo legati alla produzione di apparecchiature e software per la codifica e la decodifica di materiale in MPEG-4, finora il solo responsabile del rallentamento nella diffusione di questo formato. Rob Koenen, presidente dell’MPEG-4 Industry Forum (M4IF) che rappresenta oltre un centinaio di aziende, si dimostra comunque ottimista per il futuro: “Con il problema delle licenze risolto da luglio e dozzine di aziende, grandi e piccole, che offrono sistemi MPEG-4 interoperabili, la tecnologia è matura e rimpiazzerà a breve tutti gli altri formati per i media digitali. Nessun singolo venditore di tecnologia proprietaria può competere con la forza intellettuale e l’accoglienza del mercato dei diversi segmenti dell’industria che viene da uno standard aperto, internazionale come è l’MPEG-4”. Che il problema delle licenze sia stato risolto è certamente vero, resta però il fatto che chi vuole commercializzare apparecchiature o software per il formato MPEG-4 deve sborsare fior di soldi e lo stesso vale per chi vuole distribuire, a scopo commerciale, contenuti compressi in MPEG-4.

Un computer in tutte le case

L’obbiettivo di Microsoft non è però solo quello di egemonizzare la distribuzione di contenuti su Internet o i telefonini di prossima generazione. Con Windows XP Media Center Edition (MCE), il cui lancio negli Stati Uniti è previsto per il mese di novembre, Microsoft cerca di ridefinire il ruolo del personal computer, che secondo Bill Gates dovrebbe divenire il centro d’intrattenimento di ogni casa, relegando il televisore al ruolo di comprimario. Un PC con Windows XP MCE è in grado di ricevere trasmissioni televisive, registrarle sull’hard disk integrato, riprodurre CD Audio o DVD Video, oltre che svolgere i compiti normalmente affidati a un PC, compresa la navigazione in Internet e la gestione della posta elettronica. Il tutto sarà gestito con un telecomando e un’interfaccia grafica simile a quella utilizzata attualmente per le trasmissioni televisive in digitale, con tanto di guida elettronica dei programmi. In pratica, un simile PC può essere considerato una sorta di evoluzione delle set top box e potrebbe sostituire tutte le apparecchiature da salotto. Stando a chi ha avuto modo di provare una di queste “meraviglie”, l’unico problema che deve ancora risolvere Microsoft è quello dei crash, a cui gli attuali utilizzatori di videoregistratori non sono ancora assuefatti.

Panasonic aggiusta il tiro

Anche Panasonic si è resa conto che è impossibile cercare di fare tutto da soli e all’IBC ha annunciato la decisione di voler concentrarsi su quello che sa fare meglio, vale a dire telecamere, videoregistratori e monitor, lasciando perdere altri prodotti. L’idea è quella di lavorare con l’industria informatica, non di competere. In questo quadro si inserisce l’annuncio della collaborazione con Dalet che ha portato allo sviluppo di Network DV, un sistema integrato per la produzione di notiziari particolarmente adatto ai piccoli e medi broadcaster. Il video, in formato DV nativo, è archiviato centralmente su server basati su processori Intel e trasferito in rete Gigabit Ethernet. Al contrario di soluzioni simili, Network DV non richiede l’uso di una versione a bassa risoluzione del materiale originale, eliminando quindi la necessità di sincronizzare le due versioni e semplificando l’amministrazione e la manutenzione del sistema. L’impiego di componenti standard garantisce sia il contenimento dei costi (circa 4.500 euro per postazione), sia la possibilità di espandere facilmente il sistema, aggiungendo postazioni e server a seconda delle necessità.
Sul fronte dei prodotti più tradizionali, Panasonic ha presentato una coppia di videoregistratori per il formato DVCPro 50, AJ-SD930 e AJ-SD955, caratterizzati da un vantaggioso rapporto prezzo/prestazioni. Entrambi integrano un’interfaccia SDI e possono essere dotati di una IEEE1394/FireWire, che ne semplifica il collegamento a sistemi di montaggio non lineare. Nuovo anche il camcorder AJ-SDX900, sempre per il formato DVCPro 50, per riprese in formato 4:3 o 16:9 anche in modalità progressiva a 25P. Stesse funzionalità per il camcorder DV compatto AG-DVX100, con 3 CCD da 1/3 di pollice, ottica zoom 10x Leica con stabilizzatore ottico integrato, sensibilità di F11 a 2.000 lux e livello minimo di illuminazione inferiore a 3 lux.
Per quel che riguarda i prodotti per alta definizione la novità per la VariCam AJ-HDC27FE è costituita dalla possibilità di ripresa a frame variabile da 4 a 60 frame per secondo, con incrementi di un frame, e dalla funzione Cine Gamma migliorata, per un controllo più accurato della gamma tonale. Il videoregistratore HD-D5 AJ-HD3700A viene poi proposto da Panasonic anche come rimpiazzo dei vecchi D1: oltre che registrare nei diversi formati a 1080 e 720, l’AJ-HD3700A può infatti essere utilizzato per registrare video non compresso a 10 bit in risoluzione standard Pal.

Autonomia estesa

Grazie all’impiego di un nuovo meccanismo di trasporto del nastro, il camcorder JVC GY-DV5000 è in grado di utilizzare indifferentemente le minuscole cassette miniDV o le più capaci DV per oltre tre ore di registrazione, senza che sia necessario alcun adattatore. Il camcorder, che avrà un prezzo di circa 300 euro superiore al precedente modello GY-DV500, è dotato anche di un visore a colori orientabile da 2,5 pollici. I sensori CCD sono sempre da 1/2 pollice, ma la sensibilità è stata aumentata, F13 a 2.000 lux contro F11 del DV500. Completamente nuova anche l’elettronica per la conversione e il trattamento dei segnali a 12 bit mentre sono sostanzialmente invariate le altre funzionalità che hanno reso popolare il DV500. Come accessorio è previsto un adattatore per il collegamento a reti cablate o wireless che comprime in formato MPEG-4 con data rate fino a 512 kbps e può quindi consentire lo streaming diretto del video su Internet.
Lo stesso meccanismo di trasporto del nastro, che è in grado di riprodurre anche cassette DVCam, è utilizzato dai videoregistratori da banco BR-DV3000 e 6000, quest’ultimo con funzioni di editing, visore a colori da 2,5 pollici e ingressi e uscite in component analogico. Entrambi sono dotati di interfaccia IEEE 1394 e per il BR-DV6000, disponibile dalla prossima primavera, è prevista anche un’interfaccia per il collegamento in rete e la conversione del video nel formato MPEG-4 per lo streaming su Internet.

AAF anche per Apple

Proprio in occasione dell’IBC, Apple ha aderito all’Advanced Authoring Format Association, confermando così il suo impegno nel settore della creazione di contenuti. Diverse le novità presentate da Apple ad Amsterdam, a cominciare dalla versione 2 di iDVD, il potente programma per l’authoring di DVD, che consente ora di effettuare la codifica MPEG-2 in background e creare menù con immagini in movimento. Grazie al pieno supporto del linguaggio AppleScript è poi possibile automatizzare la creazione di DVD appartenenti a una collana o una serie.
Per quel che riguarda Shake, il programma per il compositing correntemente utilizzato anche per produzioni cinematografiche, è stata presentata la versione 2.5 che sarà disponibile sia per la piattaforma Mac OS X, sia per Irix, Linux e Windows, ma mentre per la prima il prezzo è stato fissato a poco meno di 5.000 dollari, per le altre due occorre spendere praticamente il doppio. Il software era stato originariamente sviluppato per workstation Sgi, con sistema operativo Irix, dalla Nothing Real, azienda acquisita da Apple la scorsa primavera. La politica dei prezzi per le versioni non Mac OS si inquadra nella strategia di Apple di spingere il più possibile la propria piattaforma hardware: per convincere gli utenti di altre piattaforme, Apple offre poi la possibilità di ottenere due licenze di Shake per Mac OS X in cambio di una per Irix, Linux o Windows già in uso. Anche se ufficialmente Apple non si è ancora sbilanciata sul futuro di Shake per piattaforme diverse da Mac OS X, è molto probabile che la 2.5 sarà l’ultima disponibile per queste e solo la versione per Irix potrebbe avere una vita un po’ più lunga.

Sotto controllo con Quartz

Con l’opzione Dve per il master control switcher QMC della Quartz si hanno a disposizione due canali Dve completamente programmabili. Gli effetti DVE possono essere creati con un PC, memorizzati nel master control e visualizzati sull’uscita preview prima della messa in onda. Quartz ha anche presentato un nuovo pannello di controllo, dotato di barra a T e pulsanti con LCD programmabili, facilmente configurabile a seconda delle esigenze. Un’altra novità è costituita dalle matrici audio multi formato per segnali analogici e digitali, con convertitori interni anche per le frequenze di campionamento.

Fujinon ha fatto 13

Un fattore di ingrandimento di 13 volte è stato scelto da Fujinon per le nuove ottiche ENG, compreso il supergrandangolare A13x4,5 per telecamere con CCD da 2/3 di pollice di qualità broadcast. Le altre due ottiche 13x. uno zoom grandangolare e uno normale, appartengono invece alla serie professionale e sono disponibili in versione per telecamere con CCD da 1/2 o 2/3 di pollice, con e senza duplicatore di focale integrato. La risoluzione è stata migliorata rispetto alle precedenti ottiche professionali, grazie anche alla riduzione delle aberrazioni, e l’impiego del meccanismo di messa a fuoco interno garantisce una maggiore flessibilità d’impiego.

Quantel per tutti, o quasi

Con un prezzo base di circa 45.000 sterline (più o meno 70.000 euro), Qedit Pro è il sistema proposto da Quantel per il montaggio non lineare di video non compresso a 10 bit. Il sistema, basato su pc, impiega tre schede proprietarie che si occupano di tutte le funzioni chiave, compresa la gestione degli hard disk. L’architettura interna a 64 bit per il trattamento del materiale e la tecnologia Dynamic Rounding assicurano la proverbiale qualità delle immagini dei prodotti Quantel. Per la prima volta, nel corso della presentazione alla stampa, l’azienda inglese ha fornito anche una serie di dati di confronto fra le prestazioni di Qedit Pro rispetto a sistemi basati unicamente su pc: l’impiego di hardware proprietario dovrebbe garantire a Quantel un vantaggio competitivo valutato in almeno due anni.
Qedit Pro dispone di ingressi e uscite SDI in definizione standard, ma consente di miscelare all’interno dello stesso progetto materiale con risoluzione differente, alta definizione compresa; come opzione è previsto anche un modulo per l’I/O in alta definizione. Il supporto dello standard AAF rende poi possibile il trasferimento di interi progetti a sistemi di fascia più alta, come l’iQ, o di altri produttori.
Costerà qualcosa meno, circa 40.000 sterline, il QPaintbox Pro, l’erede naturale di Paintbox e Hal. Anch’esso proposto come sistema chiavi in mano, consente di realizzare compositing con materiale a risoluzione fino a 2k, grazie alla possibilità di collegamento a una rete Gigabit Ethernet. Il software è esattamente lo stesso impiegato dai sistemi gQ, con i quali è garantita una connettività totale, ed è anche prevista la possibilità di riutilizzare materiale realizzato con i classici sistemi Quantel.

Massima rigidità

Il treppiede Fibertec della Vinten impiega gambe con sezione a U per garantire una maggiore resistenza alla torsione. In pratica, quando si effettua una panoramica, parte dello sforzo di rotazione viene trasmesso al treppiede, con il risultato che può essere difficile ottenere un movimento perfettamente fluido. Le gambe a doppio allungamento, con meccanismo di blocco a leva indipendente, sono realizzate in materiale composito a base di fibra di carbonio e vetro, e garantiscono una maggiore resistenza alla flessione rispetto alle tradizionali gambe a doppio tubolare. Una crociera centrale contribuisce a migliorare la rigidità complessiva e il carico massimo di 35 kg è più che sufficiente per tutte le normali applicazioni ENG.

Axon estende l’offerta

Una scheda di decodifica Dolby-E e il convertitore d’aspetto ARC 20 sono le novità del sistema modulare Synapse presentate ad Amsterdam da Axon. Le schede possono trovare posto in un frame da 4 RU, in grado di ospitarne un massimo di 18, oppure in un frame compatto da 1 RU, che offre spazio sufficiente per quattro schede. Tutte le impostazioni possono essere effettuate dal pannello di controllo oppure a distanza, sfruttando l’interfaccia Ethernet integrata nel frame. Axon ha anche annunciato l’acquisizione della TX-2 Broadcast, un’azienda inglese specializzata nella produzione di videoserver destinati alla registrazione continua delle trasmissioni, per una durata massima di 90 giorni.

Progetto Jupiter: BBC sceglie Quantel

BBC ha scelto Quantel per il progetto Jupiter, che porterà alla totale automazione del centro per la produzione di notiziari che ha sede a Londra. Nel 2001, il centro ha prodotto oltre 50.000 ore di notiziari e ogni giorno vi arrivano in media 300 ore di materiale. L’archivio in linea potrà ospitare fino a 1.400 ore di materiale in risoluzione broadcast e più o meno altrettante con qualità adatta per la consultazione. Il tutto sarà contenuto in 13 sQServer e consultabile con il software QView da 142 postazioni, utilizzabili da circa 600 giornalisti. Ogni postazione sarà poi dotata del QCut, un software utilizzabile anche come sistema di editing sul campo con un notebook: il materiale in formato DV può essere acquisito con un’interfaccia FireWire e il montaggio, con l’aggiunta di un eventuale commento vocale, può essere compresso in formato MPEG, con bit rate da 128 kbps a 15 Mbps, e quindi trasmesso con le normali linee di comunicazione. La fornitura del centro di produzione di Londra sarà completata da 20 sistemi di editing QEdit Pro.

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