Thomson: l'importanza dell'integrazione Per rispondere alle nuove esigenze determinate dalla convergenza tra il mondo della televisione e quello delle telecomunicazioni è indispensabile poter contare su strutture capaci di adattarsi rapidamente ai cambiamenti e che sappiano affrontare con successo le sfide tecnologiche imposte dai nuovi canali di comunicazione. Proprio in questa direzione si sta muovendo la Thomson in Italia Con la massiccia introduzione del digitale nel mondo della televisione, il modo di produrre si è radicalmente trasformato, ma siamo solo agli inizi. Fare televisione non significa più solo produrre un segnale in standard PAL, ma occorre anche saper gestire contributi provenienti dalle fonti più diverse e produrre materiale per i canali più disparati, ognuno dei quali caratterizzato da precise specifiche sia in termini di qualità, sia di capacità trasmissiva. Thomson Broadcast è stata fra le prime ad affrontare queste problematiche, in particolare per quel che riguarda la trasmissione di segnali televisivi con le reti di telecomunicazione. La struttura italiana è particolarmente snella, anche perché può contare sulle risorse della casa madre per far fronte a qualsiasi necessità; in tutto ci lavorano cinque persone, fra la sede milanese e l'ufficio romano, producendo però un fatturato che quest'anno sfiorerà i 20 miliardi di lire. Quello che segue è il resoconto di una chiacchierata informale con Hervé Damman, responsabile della Thomson Broadcast per l'Italia che abbiamo incontrato nella sede di Trezzano sul Naviglio, un comune alle porte di Milano. L'attività principale della Thomson in Italia è sempre stata la vendita di sistemi, che pesa per i due terzi sul fatturato complessivo della società. Secondo Damman, , "se si escludono forse le telecamere, anche un mixer non può più essere venduto da solo: deve essere integrato in uno studio e quindi servono convertitori, distributori, apparecchiature per la sincronizzazione e altro ancora." Il modo di vendere i prodotti sta quindi cambiando e Thomson, come stanno facendo molti altri, si sta sempre più focalizzando sull'offerta di sistemi completi. "Questo cambiamento è imposto dalla necessità di interagire con gli altri mezzi di comunicazione, il video si sta spostando sempre più verso Internet e bisogna saper gestire in maniera verticale la catena dell'immagine, c'è una forte richiesta di integratori globali." sostiene Damman, e prosegue "Elementi come la gestione dell'accesso condizionato o la trasmissione con il protocollo IP diventano importanti nella fase di progettazione di nuove installazioni: Se non vengono tenuti in debito conto fin dall'inizio, c'è anche il rischio che occorra rifare tutto da capo" Mentre in passato erano i videoregistratori ad avere un ruolo centrale in qualsiasi studio o stazione televisiva, i video server, come il Nextore della Thomson, stanno sempre più prendendo il sopravvento e sono oramai numerosi gli esempi di strutture dove i videoregistratori sono stati relegati a un ruolo assolutamente marginale. Sono considerazioni di questa natura che portano Damman ad affermare che: "Nextore è diventato il cuore della nostra strategia, dall'acquisizione alla messa in onda. Siamo stati tra i primi a introdurre il concetto di SAN nel mondo della televisione e crediamo che questa sia la soluzione migliore per risolvere le problematiche di chi vuole produrre televisione oggi, ma con un occhio attento al futuro." Una delle ultime installazioni curate dalla Thomson Italia è il canale Class Financial Network (CFN), che fa parte del pacchetto Basic di Stream. Modellato sullo stile del canale statunitense CNBC, oltre a offrire un'informazione puntuale su temi finanziari ed economici, CFN permetterà di accedere a servizi personalizzati, compreso l'home banking, semplicemente servendosi del telecomando del decoder. Il nucleo centrale della struttura produttiva di CFN è costituito da una rete di Nextore a cui sono collegate le postazioni dei giornalisti con il sistema di produzione delle news della Nexus e diversi sistemi edit* della Discreet, utilizzati per la finalizzazione dei servizi giornalistici. Una libreria a nastri digitali della StorageTek è utilizzata come archivio storico, mentre la messa in onda è affidata a un sistema di automazione della SIS. Integrare tutto ciò richiede conoscenze che vanno ben al di là del bagaglio del tradizionale broadcast engineer, non si tratta semplicemente di rispettare certi parametri del segnale televisivo. "Fino a qualche anno fa, la qualità delle immagini era molto importante se si voleva attirare più pubblico, ma ora il telespettatore guarda più ai contenuti", questo è il parere di Damman, "Anche se poi il mezzo di distribuzione è Internet, piuttosto che una rete a larga banda, ci vuole comunque gente abituata a fare televisione, che sappia come confezionare un programma. Volenti o nolenti, la maggioranza delle richieste che ci arrivano, riguardano proprio canali tematici e la situazione italiana è strana, diversa dal resto dell'Europa. Mentre all'estero sono i tradizionali broadcaster che propongono canali tematici, da noi sono spesso piccole società, l'equivalente di quelle che erano prima le tv locali. In questo momento, c'è molto entusiasmo per i canali tematici, ma bisogna vedere che successo avranno, senza contare che cominciano ad esserci troppi doppioni." A complicare le cose c'è poi la mancanza di uno standard universalmente riconosciuto per le set top box. "Thomson è stata tra i fondatori di OpenTV, poi ha preferito tirarsi indietro, conservando una partecipazione finanziaria, ma non decisionale. In questo momento, ci sembra più opportuno mantenere una posizione neutrale", dichiara Damman e a proposito della decisione presa recentemente dall'authority per le telecomunicazioni, Damman ha qualche dubbio. "Non mi sembra applicabile l'ipotesi del decoder unico, non vedo perché non possano essercene due, come accade in Francia piuttosto che in Germania." Anche sulle possibilità di successo del digitale terrestre, Damman è piuttosto dubbioso: "Tecnologicamente è una cosa facile da mettere in pratica, ma ora mancano le frequenze e una legge che regolamenti la pubblicità sulle reti locali, che stabilisca regole chiare. L'altro problema è la convenienza economica, è stato calcolato che servirebbero almeno un centinaio di siti di trasmissione per garantire la copertura del territorio nazionale. Inoltre, molti operatori stanno mettendo cavi e la trasmissione di segnali televisivi è forse l'applicazione più importante per le reti a larga banda. Il protocollo IP, o quello che lo sostituirà, sarà il trasporto del futuro." Thomson sta attualmente lavorando con Alcatel al progetto Digital Home Network. L'idea è quella di fornire alle abitazioni un unico collegamento a larga banda proveniente dall'esterno, su cui può viaggiare di tutto, telefono, Internet, televisione: tra le altre cose, a Thomson è affidato il compito di realizzare il network adapter che si occuperà di gestire il segnale di ritorno, indispensabile per tutte quelle applicazioni che comportano l'interazione dell'utente con il fornitore del servizio. Non si tratta semplicemente di una set top box o di un decoder come lo conosciamo ora, chiarisce Damman: "non potrà essere un unico apparecchio a consentire l'accesso a tutto. Al contrario della televisione, Internet è un mezzo che nasce per l'utilizzo individuale. Non puoi metterti a navigare se qualcun altro vuole vedere la partita o il film."
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